Condizione risolutiva: cos’è? Esempio e applicazione

Quando e perché si inserisce una condizione risolutiva nel contratto preliminare

La condizione risolutiva è una clausola che viene inserita all’interno di un contratto preliminare, che permette all’acquirente di tutelarsi e di non procedere necessariamente con l’acquisto dell’immobile se si verifica un evento che potrebbe compromettere la sua situazione. All’atto della sottoscrizione del preliminare il contratto è di fatto valido e comincia a produrre i suoi effetti. Le due parti procedono quindi come previsto dagli accordi firmati, a meno che non si verifichi l’ipotesi supposta che causerà l’interruzione del contratto e quindi degli obblighi giuridici da parte di entrambe le parti.

La condizione risolutiva prevede un’ipotesi futura e scomoda che potrebbe verificarsi e ledere o entrambe le parti che sottoscrivono un contratto. Questa viene indicata in modo esplicito in un contratto preliminare, come per esempio l’acquisto di un immobile, o l’acquisizione di un locatario.

La condizione risolutiva si oppone alla condizione sospensiva, e ne è il suo esatto contrario. Entrambe, tuttavia, vengono inserite in fase preliminare, e devono essere accettate da entrambe le parti.

La clausola può anche essere stabilita di comune accordo tra i due, e quindi accontentare entrambe le parti. L’importante, che l’ipotesi non si sia ancora verificata, ma che possa effettivamente realizzarsi. L’ipotesi deve essere descritta sull’accordo e deve essere compresa da entrambe le parti.

La condizione risolutiva è espressa se il contratto prevede determinati obblighi per una o entrambe le parti. In questo caso il contratto si considera risolto se questa non ha adempiuto a tali obblighi secondo le modalità o i tempi previsti.

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    Che cos’è una condizione risolutiva

    Una condizione risolutiva è una clausola che rende un contratto nullo nel caso in cui si avveri una determinata ipotesi.

    Viene inserita in fase preliminare e viene descritta in ogni sua parte, in modo che sia accettata e compresa sia da venditore che da acquirente.

    La clausola può essere richiesta di comune accordo da entrambe le parti, oppure solo da una delle due. Nel primo caso è detta bilaterale, mentre nel secondo è unilaterale. La condizione risolutiva unilaterale può essere richiesta sia dall’acquirente, sia dal venditore o da chi offre il bene o servizio.

    Viene utilizzata principalmente nei preliminari di compravendita di un immobile, ma può essere inserita in qualsiasi tipo di contratto.

    Grazie alla condizione risolutiva, l’acquirente ha modo di rinunciare al contratto nel caso il venditore venga meno ad un accordo, o si realizzi una condizione scomoda per lui. La stessa cosa vale per il venditore, nel caso in cui sospetti una condotta scomoda da parte dell’acquirente.

    Nel caso in cui la condizione risolutiva stabilita dal venditore si realizzi, questo dovrà restituire la caparra al netto di quanto è stata versata, e non al suo doppio.

    La condizione, quindi, tutela una o entrambe le parti, per evitare loro di venir meno all’accordo a causa di una situazione scomoda. Sarà, infatti, l’avverarsi dell’ipotesi ad annullare il contratto e non i due soggetti coinvolti. La condizione risolutiva è regolamentata all’articolo 1353 del codice civile.